Se fino a a qualche anno fa il ricorso al Tribunale Ecclesiastico di Roma e alle funzioni esercitate dalla Sacra Rota era pratica non comune a cui si appellava una ristretta percentuale di coniugi, adesso la situazione è nettamente differente: la mole di richieste aumenta di anno in anno (arrivano a circa tremila), tanto che lo stesso Papa Benedetto XVI ha deciso di pronunciarsi in merito. Lo scorso 29 gennaio ha lancitao infatti un monito ai giudici competenti, in cui esortava a limitare il numero dei giudizi di nullità dei matrimoni.
Parliamo dunque di nullità e non di annullamento per una ragione precisa che trova fondamento nella concezione religiosa propria del cattolicesimo, che vede il matrimonio come un’unione sacra, stipulata davanti a Dio e dunque inscindibile da parte dell’uomo. Quando la Rota Romana si pronuncia in merito si parla di riconoscimento di nullità e non si menziona l’annullamento. Tecnicismi a parte, un giudizio positivo da parte di questo speciale tribunale consente ai coniugi di potersi risposare in chiesa e, acquisizione di un diritto non da poco, di non pagare gli alimenti all’ex moglie. E in tempi di crisi finanziaria è un vantaggio indubitabile.
Ma quali sono i motivi per cui la Sacra Rota può dichiarare il riconoscimento di nullità di un matrimonio? Prima di tutto c’è l’impossibilità copulativa (a uno dei due coniugi è fisiologicamente preclusa la capacità procreativa); segue l’incapacità per insufficiente uso di ragione, sia essa di natura psichica, ignoranza, errore, dolo, simulazione, condizione e timore. Infine c’è il difetto di forma canonica, quando il sacerdote che ha celebrato il matrimonio si trovava in difetto dei requisiti formali necessari per esplicare correttamente la funzione.
A rendere necessario l’intervento del Papa in merito all’operato della Rota Romana è, oltre a una questione puramente morale, anche un motivo di natura economica, alla luce della decisione di destinare parte dell’8 per mille al Tribunale Ecclesiastico, nel tentativo di abbatterne gli esosi costi.
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