Dopo la piccola pausa natalizia, torniamo a parlare del mio matrimonio che avverrà in aprile e sto organizzando con non poche difficoltà. Queste sono essenzialmente dovute al fatto che abito in una città diversa rispetto a quella in cui mi sposerò, con tutte le magagne che ne conseguono: la scelta di fedi, bomboniere, partecipazioni e il ristorante è avvenuto in tempi davvero record. In una settimana sono riuscita a fare tutto, quando solitamente una donna impega una media di sei mesi per decidere e vagliare le varie soluzioni.
Mi sono dunque lasciata guidare dall’intuito e dal primo impatto, sia per quanto riguarda le bomboniere sia le partecipazioni. Da un certo punto di vista questo fatto, forse, non è del tutto a mio svantaggio: probabilmente avere più tempo e maggiori opzioni può far sorgere il rischio di confusione e fin troppi tentennamenti.
Dopo un’iniziale decisione che non includeva nel progetto dell’organizzazione le bomboniere, io e il mio fidanzato abbiamo ceduto alle insistenze e alle ragioni dei nostri rispettivi genitori, mamme in prima linea: le tradizioni sono dure a morire e chi ha una certa età non riesce proprio a concepire l’idea dei cosiddetti sacchettini da offrire come dono agli invitati.
La scelta è caduta sulla semplicità e la possibilità di un futuro utilizzo: per quanto raffinati e vintage siano i soprammobili di Limoges, sono praticamente inutili. Desideravamo un oggetto che fosse funzionale ma rappresentasse anche l’amore e il romanticismo: una coppia di tazzine bianche da caffè in porcellana (corredate da piattini neri a contrasto, dal mood optical) e che unite formano un cuore è stata la vincitrice tra tutte le altre possibilità.
Per quanto riguarda le partecipazioni c’è stato l’imbarazzo della scelta: dalle più raffinate e preziose in carta rara fino alle versioni basic e minimaliste e alle proposte più moderne e spiritose. La scelta è caduta su quest’ultimo tipo, che si adatta maggiormente al carattere di entrambi e aggiunge un tocco di frivolezza sdrammatizzando la formalità.
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